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CIALTRONI IN CHAT: la vendetta di Gia.

… sebbene lei fosse a conoscenza del percorso che aveva fatto incontrare lei e Nourhan, desiderosa di saperne di più sul suo carattere, Rashida, le chiese: «Durante le tue frequentazioni in chat, Gia, ti è mai capitato di avere qualche sgradito incontro?».

«“Qualche”, tu dici? Moltissimi! Perdonami se mi esprimo volgarmente, Rashida; ma tu non hai neanche idea di quanti stronzi, cagati dal culo del diavolo, girino per il web! E specie per i social- networks, dove spesso costoro si camuffano da femmine!».

«E come fai per capire, ed evitarli?».

«Beh, l’esperienza aiuta; in ogni caso, nonostante questa ci sia, anch’io, spesso, rimango imbrogliata».

«Hai voglia di raccontarmi un episodio, Gia?» chiese lei, non tanto per la curiosità, ma per avere l’occasione per conoscerla meglio.

«Ve ne sarebbero molti, Rashida; ma ti parlerò di uno di quelli, dove mi sono presa una bella rivincita…

Dunque, era da un bel po’ che stavo chattando con un tale pakistano che si era dichiarato, essere una ragazza, il quale mi aveva pure spedito delle sue fotografie, false, è ovvio. Insomma, un bel dì, dopo che avevamo passato un po’ di tempo a parlare, e, intanto, a masturbarci, quello lì, dichiarandosi innamorato di me, in un impeto di sincerità, mi confessò il suo imbroglio.

Non ti posso neanche dire, quanto rimasi incazzata! Tuttavia, volendogliela far pagare, al momento, non mostrai la mia rabbia; anzi, lo incoraggiai, lusingandolo, dicendogli che se avessi conosciuto prima qualcuno come lui, forse io sarei potuta uscire dalla mia “malattia”, come quello stronzo aveva definito l’omosessualità.

Quell’allocco ci cascò come un merlo, ed io continuai ancora per qualche sera a chattare con lui, intanto cogitando intorno a come mi sarei potuta prendere la mia legittima vendetta. Neanche dire che, sebbene fingessi di godere, ormai, ogni eccitamento sessuale era ben lontano da me. In ogni modo, quello lì, infiammato dalle mie strumentali, bollenti parole di chat, mi confessò che era colpa mia, se lui era stato indotto a masturbarsi.  Alla fine di quella serata, con un tono che avrebbe voluto essere scherzoso, ma che, invece, era da cretini, mi chiese, “Per rimediare alla tua colpa, credo che tu dovresti spedirmi le mutandine che hai ora indosso; così, come sono adesso, sai, ben intrise del tuo cum[1]: me le merito, no? Infatti, è grazie a me, se, venendo, ti sei sbrodolata”. Lì per lì non gli risposi, ma l’embrione di un’idea incominciò a frullarmi per il capo».

«Io non sono usa al turpiloquio, ma, in quel caso, anch’io l’avrei fatto: quello lì, doveva veramente essere come l’hai definito prima, Gia!».

«Uno stronzo emerito, appunto! Per continuare con la storia, lo sai che io amo moltissimo mangiare il pesce e i crostacei, ebbene, il giorno successivo, al ritorno dalla pescheria dove mi ero recata per comprare dei mitili, per poi cucinarmi un’impepata di cozze, pestai accidentalmente una cacca di cane davanti all’ingresso di casa.

Rimasi molto contrariata, e imprecai mentalmente contro quegli incivili padroni che non avevano fatto il loro dovere, raccogliendola in un sacchettino per poi gettarla nella spazzatura. Mentre stavo ripulendomi la scarpa sullo spigolo di un gradino, ma non riuscendovi completamente, l’idea della sera precedente si perfezionò: prima di entrare nel mio appartamento, mi tolsi entrambe le scarpe, indossai dei guanti di plastica, poi tolsi le ultime tracce di cacca usando un paio delle mie mutandine proprio in corrispondenza di dove, solitamente, le persone poco pulite lasciano un "cioccolatino". Infine, prese dalla spesa tre cozze, le avvolsi nella sottile stoffa, e poi misi il fagottino in terrazzo, dove lo lasciai per ben tre giorni sotto il sole a marcire». Non riuscì a proseguire, perché Rashida, immaginando il possibile divenire di quella storia, scompisciata, scoppiò a ridere come una pazza. Tenendosi una mano a comprimersi il basso ventre, in corrispondenza della vescica, la avvertì: «Gia… è colpa tua, se adesso me la faccio addosso!».

«Addosso? A chi, a te? Non te lo permetto! Addosso a me, amore; ti prego: bagnami, e... dissetami».

«Davvero lo vuoi, tesoro? Non sarebbe complicato: per tutto questo tempo in cui siamo qui a parlare, hai già  accertato con dovizia che, sotto, io non indosso le mutandine; inoltre, hai già avuto il modo di sperimentare quanto io sia abile a controllare il getto, versandolo a brevi fiotti».

«Certo che lo voglio: dai, alzati in piedi, che, dopo quella magnifica cerimonia della mia iniziazione, mi è venuta voglia di assaggiarti ancora» la esortò lei, già disponendosi ad assumere una posizione adatta.

La bocca avida di fronte al suo pube, dopo che si fu ben dissetata della sua tiepida, dorata essenza, Gia la terse per bene con la lingua, sino a indurle un nuovo orgasmo. E quindi, rialzatasi, e seduta di nuovo al suo fianco, dopo che ebbero finito di baciarsi, seguitò a raccontarle: «Insomma, al primo pomeriggio del terzo giorno, non ti dico l’olezzo che si levò quando, indossati dei guanti di plastica, aperte le mutandine, tirai via le cozze per impacchettare il “sensuale feticcio” in un sacchettino a tenuta stagna, così da spedirlo all’indirizzo di quell’imbecille. Sembrava l’odore di una femmina di orango che, scopata da trecento maschi, non se la ripulisce da tre anni!».

«E come lo sai? Ti è mai capitato d’incontrarne una, Gia? Non di orango, intendo, ma una donna poco pulita» precisò, con tono scherzoso.

«No, grazie a Dio! E spero che, qualcosa del genere, non avvenga mai! Per mia fortuna, le amanti che ho avuto erano tutte delle persone civili»… (Continua nel romanzo).

 

[1] Cum, in gergo inglese, sperma. Tuttavia, anche se impropriamente, tale termine è usato anche per indicare l’orgasmo femminile e il cosiddetto squirting, chiamato erroneamente “eiaculazione femminile”. In tal caso, si tratta di un fluido leggermente vischioso e lattiginoso, simile allo sperma ma più liquido. Solo una donna su dieci ha la possibilità di eiaculare, sia poiché ciò è ritenuto vergognoso dalla donna stessa, che così è portata a trattenersi, sia perché può richiedere una stimolazione specifica (solitamente manuale e vigorosa). Fonte: Wikipedia.

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